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Mazzè e Perosa Canavese

La necropoli dell'età del Ferro e la zona delle Aurifodine

Un’importante testimonianza delle necropoli coeve all’abitato sul Monte Appareglio è l’imponente stele in gneiss locale rinvenuta nel 1988 a Mazzè, in occasione di lavori presso l’argine della Dora, e ora collocata in Piazza della Repubblica.

Il monolite con terminazione a punta, sul quale si leggono ancora coppelle ed incisioni molto abrase, pesante all’incirca 2 tonnellate e alto oltre 4 metri, doveva essere collocato in origine sulla cresta collinare della Bicocca adiacente all’attuale Castello, come segnacolo funerario di un grande tumulo databile fra la fine dell’età del Bronzo e la prima età del Ferro.

Un analogo tumulo a copertura di una ricca sepoltura principesca fu rinvenuto nel 1796 a Perosa Canavese, ma il ricco corredo, composto dall’armatura e dalla lancia del guerriero e da reggivasi e bacile di bronzo, andò purtroppo disperso.

Una risorsa importante dell’area eporediese è costituita dallo sfruttamento dei giacimenti auriferi secondari di natura alluvionale, trasportati a valle dal ghiacciaio dai giacimenti montani del bacino della Dora Baltea.

A Mazzè l’attività di estrazione dell’oro, esercitata dai Salassi già prima dell’arrivo dei Romani, è ancor oggi testimoniata dagli imponenti cumuli di detriti visibili nelle regioni Bose e Resia, lungo i terrazzi fluviali sulla destra orografica del fiume.

Si distinguono cumuli di ciottoli articolati tra stretti avvallamenti: sono le discariche di materiale di scarto, accatastate ai lati degli originari canali di “lavaggio”. I differenti orientamenti e disposizione dei fronti di scavo indiziano una coltivazione protrattasi probabilmente in epoche diverse, con una fase principale di sfruttamento fra II e I secolo a.C.

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